Introduzione

Dopo il ritiro dei romani, il dominio sulla Svizzera romanda passò al regno dei burgundi, la Svizzera centrale e orientale agli alemanni e le regioni alpine ai locali potentati gallo-romani.

Il ritiro dei romani

Nel III secolo gli alemanni germanici sormontarono le fortezze romane sul Reno e invasero il Mittelland svizzero. Dal IV secolo i popoli germanici migrarono sempre più verso occidente sotto la pressione degli unni e delle altre tribù emigrate dall'Asia centrale e desiderose di inoltrarsi in Europa.


Alla luce delle minacce delle tribù migranti, all'inizio del V secolo le legioni romane si ritirarono dalle province verso il sud delle Alpi, con l'intento di concentrare le proprie forze sulla difesa del loro territorio centrale (Roma e dintorni).

La nuova divisione linguistica

Il periodo immediatamente successivo a quello romano segnò l'inizio della formazione di barriere linguistiche in Svizzera. Gli alemanni provenienti dal nord si installarono in Svizzera in tale numero che la loro lingua, antesignana dei dialetti svizzero-tedeschi, soppiantò l'idioma locale.
I burgundi, invece, adottarono la lingua della popolazione locale gallo-romana (oggi Svizzera romanda), che governarono dopo essersi insediati in Savoia. Il dialetto originale celtico aveva già dato spazio ad una forma di latino, che si sviluppò in seguito nei vari dialetti patois dell'odierna Svizzera romanda, prima di venire soppiantato da quello che è oggi il francese standard.
Altre regioni (la Rhaetia, che gli alemanni non riuscirono a conquistare, o il Ticino, regnato dai longobardi germanici) mantennero i loro dialetti derivanti dal latino e che si svilupparono poi nelle lingue ancor'oggi parlate in tali aree: il romancio e l'italiano.

I franchi in Svizzera

Dal VI secolo, la popolazione germanica dei franchi penetrò gradualmente da ovest, assoggettando al proprio controllo prima i burgundi, poi gli alemanni e più tardi anche i longobardi.
Due successive dinastie franche – i Merovingi ed in seguito i Carolingi – dominarono per un lungo periodo, che culminò nel regno di Carlo Magno (742-814), da cui prese il nome la dinastia carolingia. Nel corso del IX secolo, dopo la morte del figlio Luigi, l'impero di Carlo Magno subì una nuova suddivisione.
Nel 917 quelle che corrispondono alle aree orientali e centrali dell'odierna Svizzera facevano parte del Ducato di Svevia, e l'area occidentale faceva parte del Regno di Borgogna. Fu solo nel 1032 che tutto l'attuale territorio svizzero venne unificato sotto un'unica suprema reggenza: l'Imperatore germanico.

Le invasioni dei saraceni e degli ungheresi

In quel periodo il territorio dell'odierna Svizzera subì diverse minacce. Mentre le famiglie dinastiche combattevano tra loro per conquistare potere, l'area era indebolita e preda di incursioni straniere.
È così che nel IX e X secolo diverse aree, oggi appartenenti alla Svizzera, vennero minacciate dai saraceni (colonializzatori musulmani). La loro origine precisa rimane un mistero, ma si sa che si mossero da una base in Provenza, nel sud della Francia, verso l'Italia settentrionale, impossessandosi dei passi alpini occidentali. Ad est, si spinsero fino a Coira e arrivarono quasi a San Gallo prima di ritirarsi di nuovo verso occidente. Vennero infine cacciati dai locali eserciti franchi. Uno dei capi cristiani che all'incirca nel 972 respinse i saraceni dal Gran San Bernardo – allora conosciuto con il nome di Mons Jovis – fu Bernardo da Mentone che successivamente vi fondò un rifugio, e diede il suo nome al passo (e molto più tardi anche ai cani da salvataggio che qui venivano addestrati).
All'incirca nello stesso periodo, un'altra minaccia era rappresentata dagli ungheresi di origine asiatica, che raggiunsero il bacino del Danubio continuando l'avanzata verso ovest. Distrussero Basilea nel 917 e successivamente bruciarono le abbazie di San Gallo e Rheinau. Le loro incursioni terminarono soltanto con l'arrivo del re germanico Ottone I nel 955.

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